Maurizio Leone

Maurizio Leone

Giovedì, 05 Gennaio 2017 21:28

I PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ALLENAMENTO

Quante volte dopo aver effettuato dei grandi allenamenti, ed aver raccolto poco in merito alle nostre previsioni, ci siamo chiesti il motivo di tale “débâcle”? E tutte le volte che un compagno di allenamento o un avversario presumibilmente allenato come noi o meno di noi è arrivato davanti in gara, ottenendo un crono migliore del nostro, ci siamo raccolti in noi stessi invasi da una miriade di dubbi! Il compianto Carlo Vittori, allenatore tra gli altri di un mito come Pietro Mennea, recitava così: “L'allenamento è un processo pedagogico educativo complesso che si concretizza nell'organizzazione dell'esercizio fisico ripetuto in qualità, quantità ed intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti in una continua variazione del loro sviluppo, per stimolare i processi fisiologici di supercompensazione dell'organismo e migliorare le capacità fisiche, psichiche, tecniche e tattiche dell'atleta, al fine di esaltarne e consolidarne il rendimento in gara”, a dimostrazione che allenare ed allenarsi è cosa alquanto difficile, mutabile, a volte indecifrabile, ma che esistono però dei principi fondamentali che ci illuminano la strada al fine di cadere il meno possibile in errore e che aumentano le nostre speranze di successo. Partiamo subito dal presupposto che non siamo nati tutti con la medesima capacità di adattamento all'allenamento fisico, in questo senso l'eredità svolge un ruolo molto significativo rivestendolo anche nella velocità alla quale l'organismo si adatta ad un programma di allenamento. Anche le diversità nel ritmo di crescita cellulare, nel metabolismo e nella regolazione nervosa ed endocrina comportano variazioni soggettive. Proprio queste diversità soggettive potrebbero spiegare perché alcune persone mostrano grandi miglioramenti in seguito a un dato programma (soggetti sensibili) mentre altre presentano pochi o nessun cambiamento in seguito allo stesso programma (soggetti non sensibili). Per questi motivi un programma deve tenere conto delle necessità e delle capacità specifiche delle persone alle quali è rivolto! Gli adattamenti indotti dall'allenamento sono assolutamente specifici relativamente al tipo di attività, al volume e all'intensità del lavoro svolto. In base a questi parametri, il programma di allenamento deve sollecitare i sistemi fisiologici che determinano, nella disciplina sportiva prescelta, il raggiungimento della prestazione ottimale, in maniera da indurre adattamenti specifici con l'utilizzo di sovraccarichi progressivi. Un attività fisica regolare migliora la capacità dei muscoli di trasformare più energia e di resistere alla fatica. Allo stesso modo l'allenamento per la resistenza permette di lavorare di più e più a lungo. Nel momento in cui l'allenamento si interrompe, la condizione fisica diminuisce tanto da soddisfare solo le esigenze della vita quotidiana. Si perde qualsiasi miglioramento ottenuto con l'allenamento. Un programma di allenamento deve perciò, prevedere un programma di mantenimento. Bill Bowerman, già allenatore dei corridori all'università dell'Oregon, della squadra olimpica statunitense, co-fondatore della NIKE, ed allenatore inoltre dell'indimenticato Steve Prefontaine, a proposito dell'intensità dell'allenamento, al fine di evitare inutili e dannose esasperazioni dello sforzo con conseguenti adattamenti sbagliati, intuì che le sedute di allenamento intenso stressano l'organismo a tal punto che per raggiungere l'adattamento ottimale, sono necessari uno o due giorni di recupero. Bowerman ha, quindi, sviluppato una particolare strategia di allenamento per i suoi fondisti, che è poi diventata famosa con il nome di principio del “difficile-facile” per le giornate di allenamento. La giornata facile diventa una fase di recupero attivo e prepara l'organismo per la successiva giornata di allenamento impegnativo. La cosiddetta periodizzazione è strettamente correlata a questo principio, si tratta di un avvicendamento graduale di specificità, intensità e volume di allenamento, finalizzato al raggiungimento del massimo livello di condizionamento al momento della competizione. Con la periodizzazione, volume e intensità dell'allenamento vengono variati nell'arco di un macrociclo che, generalmente, rappresenta un anno di allenamento. Un macrociclo è composto da due o più mesocicli, stabiliti in base alle date delle gare principali. Ciascun mesociclo è suddiviso in un periodo di preparazione, di competizione e di transizione. 

Venerdì, 02 Settembre 2016 07:21

CORRERE E RESISTERE NELLA SOCIETA' DEL BENESSERE

Il titolo è provocatorio, ma d’altronde non potrebbe essere altrimenti, non solo alla luce degli ultimi eventi Olimpici, ma in merito al negativo trend europeo nelle cosiddette “Distance Running” che si protrae ormai da troppo tempo. Non è semplice spiegare, eppure in tanti ci provano, il motivo per cui un continente che fino a metà degli anni ’80 dominava ampiamente nelle corse di resistenza si trovi oggi nell’imbarazzante condizione di spettatore spesso impotente, di fronte allo strapotere dei corridori africani (kenyani ed etiopi in particolare), o eccezione alla regola davanti a nazioni un po’ più organizzate (vedi gli Stati Uniti). Il termine “fatica” nel nostro paese è diventato quasi un eresia, o meglio si riscopre quando ormai è troppo tardi. Appare evidente che la società italiana negli ultimi decenni è profondamente mutata: da un lato i dati confortanti di una nazione che presenta a livello europeo un alta età media degli abitanti, che se per un verso indica buone condizioni ambientali per vivere a lungo, dall’altro denuncia una natalità risicata. Se a questo aggiungiamo problemi di abbondanza ponderale di una buona percentuale di adolescenti, il quadro diventa alquanto preoccupante. Innanzitutto bisogna creare una nuova predisposizione alla fatica sia mentale che fisica, in un contesto soprattutto cittadino dove i meccanismi di spostamento sono portatori di un'assuefazione a non muoversi ed al trovare faticoso l’uso delle gambe, ragion per cui l’arretramento sul fronte delle cosiddette “capacità aerobiche” risulta scontato. Il primo intervento per fermare una tale débâcle organica, è da effettuare nelle scuole con l’individuazione precoce di chi potrebbe essere avviato a specialità di resistenza, cominciando con l’introduzione di progetti mirati che stimolino la capacità di resistere già nel primo ciclo della scuola elementare; insistere su uno sviluppo contemporaneo del corpo e dell’abilità della mente a resistere, considerando che il cervello ha un ruolo essenziale nell’incremento della possibilità di lavorare a lungo nel tempo; fare in modo che queste due condizioni non vengano mai tralasciate per tutta la durata della vita agonistica dell’atleta. Ovviamente da parte del tecnico dev’esserci molto acume, conscio delle possibilità peculiari che il potenziale atleta possiede “in nuce”, specie sulla capacità di valutare la crescita biologica del soggetto, affinché i risultati non siano troppo pesantemente influenzati (e ciò sovente accade in campo femminile) da parametri quali il rapporto peso/altezza e peso/potenza largamente in anticipo rispetto ai canoni dell’età, cosa che potrebbe destinare nel prosieguo dell’attività al fallimento del progetto. Grande spinta motivazionale, carichi mirati e progressivi, nessuna paura nello sperimentare soluzioni nuove; non esiste prestazione senza un duro training, ma la soluzione non è solo nell’espansione senza limiti dei volumi di lavoro. Non basta lavorare tanto, allenarsi di più: occorre aumentare i volumi con scelte creative e coraggiose sulla scala dell’intensità dell’allenamento. L’atleta non deve porsi limiti mentali nell’affrontare certe intensità, abituandosi ad accettare diverse fatiche senza dare adito a dannosi compromessi con l’allenatore, cercando inutili facilitazioni. Se da un lato è corretta la preoccupazione di ‘non specializzare precocemente’ dall’altro questo non deve significare l’assenza di qualsiasi stimolo specifico. I risultati in queste fasce d’età influenzate dalla grande attività ormonale derivante dallo sviluppo del soggetto, devono assolutamente trovare il giusto equilibrio tra facili entusiasmi e momenti di depressione, valutando la prestazione atletica non in base al numero di vittorie, ma in base ad una crescita generale continua, evitando stagnazioni e adattamenti a quanto già fatto ed utilizzando le sconfitte come un momento utile alla crescita soprattutto mentale del soggetto. La tecnica di corsa (running economy), elemento di qualificazione imprescindibile e di distinzione tra un atleta d’élite capace di grandi risultati cronometrici e il modesto praticante, è da curare continuamente trasferendo in proposte pratiche le leggi della biomeccanica per ottenere un azione di corsa efficiente e non dispendiosa. Da non trascurare mai l’aspetto neuromuscolare, senza soffermarsi troppo in questo ambito sull’esatta dicitura terminologica: che sia resistenza alla forza, forza resistente o solamente forza-resistenza, sarà cura del tecnico scegliere i metodi più idonei per produrre aumenti nella forza del proprio atleta senza incorrere negli aspetti negativi che un eventuale aumento potrebbe provocare. Chiudendo con l’affermazione del grande fisiologo Astrand, potremmo aggiungere che chi vuole emergere in atletica deve essere abile a scegliersi i genitori giusti. In effetti gran parte del raggiungimento di risultati prestigiosi è legato ai cromosomi e quindi al patrimonio genetico, ma a questo va aggiunto una forte volontà di arrivare, un allenamento adeguato e il contributo di un tecnico che abbia le necessarie conoscenze sia tecniche sia psicologiche per accompagnare l’atleta nel suo cammino oltreché delle condizioni ambientali favorevoli (società, famiglia). La sfida è aperta, anzi è il caso di dire, non si è mai chiusa! 

Lunedì, 28 Marzo 2016 21:19

MARATONA E DINTORNI

Se nella vita vuoi avere successo, hai sostanzialmente due strade da seguire: una appannaggio di pochi eletti, rappresentata dal classico colpo di fortuna, l’altra aperta a tutti, ossia lottare giorno per giorno perseguendo un obiettivo, facendo della fatica la chiave per realizzare i propri sogni. La maratona è sicuramente la trasposizione sportiva di quest’ultimo concetto, vale a dire sfidare i propri limiti per raggiungere un risultato grazie alla fatica ed alla costanza. La storia di questa specialità prende spunto da una ben nota leggenda: nell’antica Grecia, anno 490 a.C., gli ateniesi si scontrarono contro i persiani nella battaglia di Maratona, che si concluse con il successo dei primi che riuscirono a fermare l’avanzata di Dario I di Persia, nonostante fossero in inferiorità numerica. Fu in questa occasione che il greco Filippide, secondo il mito, corse dalla città dello scontro fino ad Atene per poco più di 40km, ad annunciare l’inaspettata vittoria, morendo subito dopo a causa dello sforzo! Alla fine dell’800 il francese Michel Breal, per onorare l’impresa di Filippide, lanciò la proposta di inserire una prova di corsa, di circa 40km sull’identico antico percorso, durante i primi Giochi Olimpici moderni, che si sarebbero tenuti ad Atene nel 1896. Ovviamente l'idea trovò realizzazione, con la vittoria di Spiridon Louis, che riuscì nell’obiettivo con il crono di 2h 58' 50”, nonostante una breve pausa per bere un bicchiere di vino in un osteria! Memorabile la storia del giapponese Shizo Kanakuri, che nel 1912 a Stoccolma, causa il grande caldo, ebbe la brillante idea di fermarsi durante la corsa in casa di un tifoso per riprendere forze, ma si addormentò senza finire la gara! Nascostosi per la vergogna, e scomparso dalla scena pubblica, il giapponese fu ritrovato da un giornalista svedese nel 1962 e invitato nel 1967 a Stoccolma per finire simbolicamente quella maratona interrotta tempo addietro, la chiuse con il “fantastico” tempo di circa 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti e 23 secondi, che resta metaforicamente la prestazione più lenta della storia della specialità! Qualcuno pensò addirittura di correrla a piedi nudi, tale Abebe Bikila, etiope dalla leggiadra falcata che trionfò alle Olimpiadi di Roma 1960, diventando il precursore di un imbattibile schiera di fondisti africani, percorrendo la canonica distanza dei 42,195 km (resa ufficiale nel 1921), per terminare in mezzo le antichità di Roma sotto l'Arco di Costantino in 2h 15' 16”.  Tra gli italiani è d’obbligo ricordare l’emiliano Dorando Pietri durante l’olimpiade del 1908 a Londra, quando in testa a pochi metri dalla fine della gara, cadde a terra stremato dalla fatica e disidratato. Tagliò per primo il traguardo grazie all’assistenza dei giudici, i quali lo rialzarono più volte dopo i collassi, ma venne poi squalificato per via di questo aiuto non regolamentare, perdendo la medaglia d’oro in favore dell’americano Johnny Hayes. Nessun giudice, invece, si mise in mezzo a Seul nel 1988, quando uno splendido Gelindo Bordin regalò all’Italia il primo successo olimpico nella maratona, superando nel finale i rivali Wakiiuri e Salah. Successo bissato nelle Olimpiadi di Atene del 2004 da Stefano Baldini, autore di una strepitosa gara in progressione, davanti all’ancora validissimo statunitense Mebrahtom Keflezighi, ed al brasiliano Vanderlei de Lima. 

Martedì, 02 Febbraio 2016 07:28

RIPARTIAMO DAL CROSS COUNTRY

Poco più di due secoli fa, in Inghilterra nelle public schools la chiamavano hare and hounds, tradotta in italiano “caccia alla lepre”, gli inglesi si divertivano un mondo, l'avevano addirittura coniata disciplina sportiva! In realtà la lepre era rappresentata da una traccia di carta che i giovani dovevano seguire. Quasi all'inizio del '900, tale Alfred Schrubb, di professione muratore si accorse casualmente di avere straordinarie qualità di endurance, quando per spegnere un incendio scoppiato in un villaggio a tre miglia (oltre 4,800Km) da Slinford, nel Sussex, dov'era nato, coprì la distanza nei campi tutta d'un fiato, e da provetto pompiere divenne in pochi anni vincitore di numerosi titoli nazionali, ma soprattutto dell'edizione inaugurale dell' International cross country championship, una sorta di anticipazione di quella che poi diventerà la massima espressione della specialità, prima cross delle nazioni, poi campionato mondiale. La corsa campestre è un viaggio nel tempo, è un continuo riscoprirsi, è una relazione intima con l'ambiente che ha visto muovere i primi passi al genere umano, la natura ti offre lo spazio, le asperità e a volte le avversità...tu ci metti cuore, gambe e polmoni. I bimbi protagonisti dei campionati regionali giovanili calabresi, svoltisi a Vadue, alle porte di Cosenza, mi hanno restituito emozioni che avevo quasi dimenticato, la gioia nei loro volti, la libertà del gesto, il libero sfogo all'istinto, troppe volte intrappolati in una società che costruisce tanti cloni, che non sa più proporre ciò di cui abbiamo veramente bisogno, e che deve comunque arrendersi di fronte allo sforzo gioioso di un atleta-bambino. I più grandi mezzofondisti della storia hanno costruito i loro successi iniziando dai prati, il cross country è un patrimonio fondamentale per l'atletica leggera e lo sport in genere, rappresenta una base solida, fatta di impegno, sofferenza e gioia, una pietra miliare del processo di formazione del futuro corridore. Ripartire dai prati vuol dire valorizzare la semplicità ed il fascino di un gesto naturale come la corsa, l'importanza della capacità di adattamento all'ambiente circostante, il confronto leale con l'avversario, riprendendo il meglio del passato per una continua ricerca verso un mezzofondo nuovo...un mezzofondo migliore.

Lunedì, 30 Novembre 2015 00:28

LA LEGGENDA DI STEVE PREFONTAINE

Non vado in pista necessariamente per vincere. Quello che mi interessa è capire, vedere chi ha più fegato in gara”, questo era il pensiero di Steve Roland Prefontaine, lo stile di vita di un ragazzo dell'Oregon che trascinava le folle facendo della corsa un arte. Campione dell'atletica che non vinse l'Olimpiade di Monaco '72, ma a ventun'anni andò in pista per provarci, e non semplicemente per fare bella figura, “perché io sono un po' scienziato, nel senso che so come funziona la mia macchina, e un po' artista, in senso positivo. Perché riesco a far sorridere la gente, a migliorarne l'animo, a creare letizia correndo”. Prima della notte di primavera del '75 in cui il campione se ne andò, come James Dean a ventiquattro anni, finendo fuori strada con la sua MG, aveva conquistato quattordici volte i primati americani dalle due miglia ai 10000m, corso nove volte i 5000m sotto i 13'30”, e abbattuto otto volte il muro dei quattro minuti nel miglio. Dal 1970 fino alla sua morte aveva vinto 82 delle 102 gare disputate in pista, su distanze dal miglio ai 10000m. Nei quattro anni trascorsi alla University of Oregon, aveva vinto quattro titoli NCAA sulle tre miglia o sui 5000m, e tre titoli NCAA in campestre. Aveva vinto due volte i campionati AAU sulle tre miglia, nel '71 e nel '73, e i 5000m ai Giochi Panamericani nel '71. Aveva infilato una striscia vincente, sulla pista di Hayward Field, di venticinque successi consecutivi, l'ultimo dei quali poche ore prima dell'addio. “ Dicono che mi viene tutto facile. Io dico che tanti potrebbero fare quello che faccio io, ma pochi sanno allenarsi duro come me, sacrificare otto anni di vita, per ora sono otto ma vado avanti, alla corsa non rinuncio. Io corro da quando avevo tredici anni, e ancora non sono stanco. E magari non mi stanco mai...adesso sogno di vincere l'Olimpiade. Quando e se l'avrò vinta, penserò a vincere le gare per veterani. Se c'è un Paradiso per chi corre, io ci arrivo di sicuro”. Sul finire della stagione '74, “Pre” durante un tour europeo ottenne due fantastici primati americani, uno ad Helsinky sui 5000m, finendo secondo dietro a Knut Kvalheim in 13'21”9, e nei 3000m alla Notturna di Milano organizzata all'Arena dalla Pro Patria, dove finì secondo in 7'42”6 “costringendo”, secondo copione, il neozelandese Rod Dixon a stabilire per batterlo, il primato personale del suo paese, 7'41”! Poche ore prima di incontrare il suo tragico destino in una curva su Skyline Boulevard, a Eugene, nel pomeriggio del 29 maggio 1975, Steve Prefontaine corse e vinse il suo ultimo 5000m con una canotta nera con la scritta Norditalia sul petto. Era quella della Pro Patria, la società milanese del mitico Beppe Mastropasqua, guidata tecnicamente da un giovanissimo Giorgio Rondelli. Era il regalo di un gruppo col quale, nei pochi giorni in cui restò in città per il meeting dell'Arena nel luglio del '74, “Pre” legò tantissimo. Sono passati poco più di quarant'anni da quella notte maledetta, ed io con queste poche righe, ho cercato di ricordare il mito di “Pre”, perché la sua energia e la sua forza travolgente seppur lontane nel tempo, meritano di rimanere impresse nella memoria di chi ha avuto il piacere di seguire le sue gesta. Resta la leggenda di un campione sincero che ha inspirato milioni di runner in tutto il mondo, un uomo sempre in corsa, dentro e fuori le piste, e in anticipo sui tempi, un esempio per i giovani, una meteora che non ha mai smesso di illuminarci.

Tratto dalla “Leggenda del Re corridore” di Marco Tarozzi.

Sabato, 28 Novembre 2015 23:32

LO STILE DI VITA E I GIOVANI D'OGGI

Recenti studi segnalano che i giovani d'oggi dimostrano prestazioni sportive più basse rispetto ai loro coetanei vissuti negli anni precedenti: una ricerca ha esaminato oltre 1000 studenti di scuola secondaria di primo grado della provincia di Bolzano dal 1989 al 2004, sottoponendoli ad un ampia batteria di test motori, sia coordinativi che condizionali, rilevando che sui bambini in entrata nella prima classe con le misure ricavate sulle stesse persone alla fine della terza classe, la prestazione nella quasi totalità delle persone migliora. Ma gli alunni delle annate più recenti, entravano nella prima classe con livelli di prestazione più bassi rispetto ai loro coetanei dell'inizio degli anni '90 e, a differenza di questi ultimi, mostravano una stagnazione delle prestazioni dalla prima alla terza classe o tendenze di miglioramento più scarse. Si ipotizza che nell'età della scuola primaria, i bambini del quinquennio più recente non abbiano sviluppato le capacità motorie, in particolare quelle coordinative, come i bambini degli anni '90, e ciò li predispone a scarsi miglioramenti futuri. Le cause di queste difficoltà, possono essere collegate probabilmente al cambiamento dello stile di vita, inteso come la personalizzazione e un adattamento ad alcune regole comportamentali considerate dalla maggior parte delle persone ideali proprio perché salutari. In ogni fase della nostra esistenza e soprattutto in età evolutiva, lo stile di vita dovrebbe essere caratterizzato dall'equilibrio fra: il movimento organizzato (condotto da professionisti), il movimento non organizzato (senza una specifica programmazione), lo svago, il riposo, l'alimentazione, l'aspetto affettivo relazionale e quello sociale, l'igiene, lo studio. La personalità dei giovani, necessità dell'equilibrio fra questi comportamenti e abitudini, affinché non prevalga esclusivamente uno di essi rispetto agli altri. L'attività fisica organizzata, programmata da un professionista del movimento, non può essere vissuta avulsa da quella non organizzata, perché proprio la fisiologia dell'esercizio ci indica che in età evolutiva, il giovane al fine di contrastare la sedentarietà e la riduzione del livello delle capacità e abilità motorie, deve effettuare attività fisica ogni giorno, per almeno un ora, recuperando le care, vecchie e sane abitudini come il camminare spesso e per lunghi tratti nel corso della giornata, sforzarsi di non prendere l'ascensore, giocare per strada (come facevano in passato le generazioni che ora sono adulte e che i giovani di oggi non fanno quasi più).Approssimando un semplice calcolo settimanale, relativo a quante ore in media, un giovane di scuola secondaria di I grado è costretto a stare fermo, suddividendo attività fondamentalmente sedentarie da attività che prevedano del movimento, sommando le ore di studio a quelle del cosiddetto “tempo del video” (cellulare, computer, TV, giochi elettronici), la pratica sportiva viene letteralmente surclassata, riducendosi ad un tempo uguale o inferiore alle cinque ore settimanali, suscitando ampi motivi di riflessione. Studio e attività fisica non sono nemici, anzi, l'evidenza scientifica ha dimostrato che i giovani, proprio grazie all'attività fisica, al movimento, ed alla corporeità attivano, se opportunamente stimolati, quelle condizioni per stimolare le funzioni cognitive, migliorare la propria autostima e coltivare l'aspetto sociale. Uno stile di vita sano, necessità di un sonno adeguato (mediamente dalle 8 alle 10 ore in età giovanile), di un giusto riposo tra gli allenamenti e di una dieta bilanciata, evitando se possibile i prodotti dei fast food e quelli confezionati ricchi di grassi, sale e zuccheri, sostituiti da frutta, verdura, e grano integrale per assicurare abbastanza energia, così come le vitamine essenziali, i minerali, gli antiossidanti e le fibre.I latini direbbero “est modus in rebus” (c'è una giusta misura nelle cose): la costante ricerca di equilibrio deve caratterizzare la nostra vita, noi siamo il prodotto del nostro vissuto, delle nostre esperienze che ci permettono di affrontare il presente con sempre maggiore consapevolezza, analizzando il passato con un ottica critica ma propositiva. Ricordiamoci che nei giovani le esperienze si susseguono, talvolta senza la possibilità di “sedimentarle” se non grazie alle figure adulte (genitori e familiari, educatori, ecc.). L'attività fisica organizzata e non, lo svago, lo studio, il riposo, l'alimentazione, l'igiene, la dimensione affettiva e sociale, costituiscono alcune delle attività che devono essere vissute in equilibrio per poter condizionare positivamente lo stile di vita delle nuove generazioni.

Venerdì, 09 Ottobre 2015 22:26

LEONE INCITA I MASTER IMPEGNATI AD AREZZO

Usando un gergo calcistico piuttosto in voga, si può affermare che “il carattere di una squadra si vede nelle occasioni più difficili”, specie quando parliamo di atletica master dove i risultati in senso sportivo contano relativamente poco rispetto ai valori di amicizia e di stima reciproca che da sempre contraddistinguono la Cosenza K42. Domenica 11 ad Arezzo in occasione dei tricolori master di maratonina, 20 “eroici” rappresentanti del nostro team cercheranno, seppur a ranghi ridotti, di portare in alto i nostri colori e di chiudere in bellezza il quinto “trittico” consecutivo (cross, 10Km, maratonina), che ci ha visti in un recente passato due volte sul podio in combinata (terzi nel 2013 e secondi nel 2014). Un immenso grazie dunque e un grande in bocca al lupo ad Armando, Emanuele, Agostino, Francesco, Giovanni Rega, Salvatore, Giovanni Curia, Lucio, Carmelo, Antonio Gianni, Antonio Amendola, Enzo, Angelo, Vincenzo Biondi, Benedetto, Vincenzo Burreci, Maria Giovanna e Rosetta, affinché possiate ottenere il meglio da voi stessi, onorando come sempre la nostra maglia. Sappiate che in questa occasione non sarete semplici podisti partecipanti ad una gara, bensì i protagonisti di un progetto partito da lontano e che continua ad andare avanti anche grazie a voi. Vi accompagnerò col cuore, perché comunque vada, per me siete già tutti vincitori. Forza K42!

Maurizio Leone     

Giovedì, 08 Ottobre 2015 00:15

… E SE PIOVE TUTTI AL COPERTO

Con le prime piogge d’autunno i piccoli atleti della K42 potranno allenarsi al coperto presso la nuova location messa a disposizione dal Comune di Castrolibero (CS), sita a poche centinaia di metri dal campo scuola. Gli Istruttori accoglieranno per il periodo ottobre/marzo, nei pomeriggi di lunedì, mercoledì e venerdì, i tesserati delle categorie Esordienti, Ragazzi e Allievi nella palestra di via S. Valentini.

Disquisendo con amici sui soliti argomenti inerenti la crisi generale dell’atletica locale e nazionale, sono emerse idee interessanti dirette verso il reclutamento delle nuove leve da attingere principalmente dalle scuole, soprattutto da quella primaria. Si è parlato anche della mancanza di vocazioni legate ad un evidente crisi di valori che caratterizza l'attuale società, comprese le classi giovanili che ne fanno parte, avvolte probabilmente da una sorta di benessere che assopisce le ultime reminiscenze di ciò che potrebbero significare le parole “sacrificio”, “umiltà”, “rispetto”. Probabilmente anche noi addetti ai lavori, tecnici e dirigenti, dovremmo fare un mea culpa: siamo sicuri che negli ultimi anni siamo stati in grado di proporre il “prodotto” atletica in maniera opportuna? Siamo coscienti che il fascino di questo splendido sport possa essere tramontato a causa della nostra superficialità, del nostro disinteresse verso i particolari e del nostro modo di relazionarci con le persone? E il “drop out”, ovvero l’abbandono dei ragazzi che praticano l’atletica? Come mai tante defezioni a partire da una determinata fascia d'età? E' facile addossare responsabilità sulla Federazione e sugli Enti, accusandoli di essere colpevoli della quasi totale mancanza di strutture specie nella nostra Regione. L'atletica si fa in pista, questo è assolutamente vero, ma noi a cosa stiamo rinunciando, cosa siamo disposti a perdere? Di fronte ad una crisi economica generale in tutti i settori, le casse dei comitati federali soffrono, probabilmente anche per errori commessi in passato, ma ricordiamoci che la Federazione non è un ente assistenziale ma è una struttura che dirige un movimento emanando regolamenti. Chi vuole aiutare l'atletica a risorgere, deve indossare ormai i panni del missionario, deve essere pronto a rimetterci qualcosa, altrimenti meglio dedicarsi ad altro. Riportiamo i giovani in pista, stimoliamoli a credere in se stessi, non cerchiamo capri espiatori, il nostro operato è fondamentale e se non costruiremo campioni nello sport, avremo il grande merito di consegnare alla società degli uomini pronti ad affrontare la vita a testa alta. 

Giovedì, 17 Settembre 2015 16:10

APERTE LE ISCRIZIONI AL SETTORE GIOVANILE

Riprese al Campo Scuola Coni di Cosenza le attività del Settore Giovanile della K42.

 

Sono aperte le iscrizioni per:

ü  GIOCO SPORT (dai 6 ai 10 anni)

Far conoscere al bambino l’attività motoria sportiva attraverso il divertimento e la socializzazione

ü  SCUOLA D’ATLETICA (dagli 11 ai 14 anni)

Attività finalizzata all’acquisizione dei fondamentali dell’atletica leggera

ü  ATTIVITA’ AGONISTICHE (dai 15 anni in poi)

Allenare le specialità dell’atletica leggera (velocità, ostacoli, mezzofondo, salti, lanci e prove multiple)

 

Per info: Direzione Campo Scuola Via degli Stadi Cosenza - Segreteria A.S.D. COSENZA K42 tel. 3395792135